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La figura di Adolfo Venturi, studioso di fama mondiale, autore di una celebre e non ancora sostituita "Storia dell'arte italiana" e di innumerevoli altre opere e contributi, vero patriarca degli studi d'arte in Italia, può anche intimidire con l'alone di prestigio e d'autorità che ancora ne circonda la memoria a quindici anni dalla morte. Ma nulla sarebbe più erroneo che immaginarselo come il professore austero e chiuso, il tecnico freddo, anche se geniale, che svolge l sua sterminata dottrina in un arido gioco di attribuzioni e di ipotesi, di cronologie e cataloghi. La sua personalità al contrario fu tra le più vivide e generose. Non a quella del grande sistematico, dell'erudito di gran lena, la sua figura può apparentarsi, ma se mai a quelle dei maggiori "conoscitori" della fine del secolo scorso e dei primi decenni di questo, cioè a quei ricercatori infaticabili e geniali che corsero l'Europa in lungo e in largo e, rovistando musei statali e raccolte private, gallerie principesche e magazzini d'antiquari, riannodarono le fila di quella che era stata la storia artistica d'Europa. E certo il Venturi "conoscitore" fu per formazione, per le esigenze stesse degli studi, ma soprattutto per temperamento. L'esame diretto delle opere, si vorrebbe dire il contatto immediato e protratto con esse, fu la condizione indispensabile di ogni sua operazione critica. Il suo lavoro in altre parole non nacque mai da fredda determinazione intellettuale, ma da passione vera, da un interesse caloroso e mai stanco per l'arte. Certo c'erano in lui una consapevolezza profonda del significato del fare artistico, un senso acuto della complessità e ricchezza della realtà storica, a differenziare il so lavoro da quello dei conoscitori, ad assicurare ad esso un diverso respiro, un più profondo e severo significato. Ma la radice era qui : in questo senso vivissimo dei valori dell'arte, in questa capacità di commuoversene, nella disponibilità sempre alacre a vedere a fondo e senza pregiudizi. Questo spiega il singolare calore delle sue pagine, l'abbandono e la freschezza con cui commenta quadri, statue, architetture, la vivacità con cui sa condurre anche gli studi più complessi ed elabori. In realtà anche quando svolge minute indagini documentarie, quando sottilmente confuta tesi e discute attribuzioni, quando dalle opere risale agli artisti o delinea intere situazioni storice, il Venturi non dimentica mai i quadri, le statue, le architetture, che sono il termine primo e ultimo di ogni vera storia dlel'arte : e si direbbe che la loro suggestione, il loro splendido e umanissimo calore scaldi ancora e illumini le sue pagine. Questo volume, giunto in poche settimane alla seconda edizione, vuol essere un'organica antologia della sua opera e , attingendo alla "Storia dell'arte" come a monografie e saggi, raccoglie le pagine dove meglio il metodo critico dell'A. si delinea nelle varie fasi del suo sviluppo e dove raggiunge i suoi risultati più cospicui. Accanto a saggi di metodo, ad indagini squisitamente tecniche, a presentazioni di singole opere per la prima volta pubblicate o attribuite, vi figurano, e largamente prevalgono, i saggi dove l'A. tratteggia la figura e l'opera di un artista, o un largo, unitario periodo della sua attività. Sono i grandi saggi sull'Antelami, su Giotto, su Piero della Francesca, su Cosmè Tura, Raffaello, Michelangelo, Tiziano : e sono quelli dove il metodo dell'A. trova la sua giusta e piena misura. Ma percorrendo il volume, che inizia con uno studio sui mosaici romani dei primi secoli e giunge all'Ammannati e al tardo Tiziano, il lettore si accorgerà di star percorrendo, sotto la guida di un eccezionale maestro e toccandone i punti più sensibili e alti, tutto l'arco glorioso che dalle origini dei bassi tempi porta l'arte italiana agli estremi fulgori dell'età manieristica.

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